Il bambino di Auschwitz di Suzy Zail - di Veronica Faletto
A10567; Alexander ormai non ha più bisogno di guardare la scritta tatuata sul suo braccio, la conosce a memoria.
Lui è un adulto racchiuso nel corpo di un quindicenne, a cui è stata tolta la speranza, la voglia di vivere e apparentemente qualsiasi emozione. È convinto che l'unico modo per andare avanti ad Auschwitz sia isolarsi da tutti, vivere per sè, cercare di irrobustirsi per vincere la fame e le intemperie e vivere al giorno. Questa sua mentalità continua anche quando viene scelto per far parte del Plotone Equestre d'elitè del campo, quando fa conoscenza di un suo coetaneo completamente diverso da lui che vede come una palla al piede. Alexander, però, è un po' tornato nel suo mondo ed il suo lavoro a contatto con i cavalli gli fa provare nuovamente delle emozioni, anche se lui se ne fa una colpa e cerca di reprimerle.
Inizialmente gli viene dato l'incarico di portare al passo alcuni figli dei generali nazisti con un piccolo pony, Castagna, ma successivamente il comandante, accortosi della grande conoscenza da parte di Alexander dei cavalli, gli incarica il suo nuovo stallone nero notte da domare.
Per lui è la prima volta che doma un cavallo, ed il lavoro si complica quando scopre che non potrà montarlo e che avrà a disposizione solamente 15 giorni; inoltre il possente purosangue non dà cenni di voler collaborare. Con molta pazienza e innata bravura però Alexander riesce ad instaurare un rapporto di fiducia col cavallo, a cui da anche un nome: Mezzanotte.
Alexander riesce quindi in quindici giorni a domare un cavallo apparentemente indomabile con quei suoi possenti zoccoli e con la sua immensa muscolatura che impietosiva gli altri stallieri ebrei del plotone.
Il ragazzo riesce inoltre a riscoprire i suoi sentimenti riflessi negli occhi neri dello stallone, e grazie a lui torna a sognare casa sua, la sua famiglia, la sua cavalla, la tenuta di cavalli che sognava da bambino ed anche un futuro in groppa a quel magnifico cavallo nero.
Quando ormai la guerra giunge al termine e tutti i sopravvissuti ad Auschwitz si incamminano in una lunga marcia soprannominata "della morte", Alexander escogita un piano e riesce a nascondersi ed a scappare dal suo destino, sapendo che durante quella marcia sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto Mezzanotte.
Tornato a casa trova ad aspettarlo sua mamma e la sua amata cavalla. In quel momento di gioia profonda ringrazia quel cocciuto stallone nero notte con quelle sue calzette bianche e quella sua mezzaluna bianca sulla fronte per avergli dato qualcosa per cui lottare e per avergli fatto riscoprire il valore di un amico, qualcuno di cui fidarsi, in pratica per avergli insegnato che la speranza la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo ci si ricorda di accendere la luce.
Questo romanzo è ispirato alla vera storia di Fred Steiner, un ebreo ungherese che oggi racconta ogni giorno la sua storia al museo dell'Olocausto per far in modo che una cosa del genere non accada più e per tenere a bada gli incubi che ancora adesso perseguitano le sue notti. Fred qualche anno fa tornò ad Auschwitz con la classe di suo figlio e scrisse vicino al suo nome "Sono arrivato qui da schiavo, ora ci torno da uomo libero. Ho vinto io!"
Suzy Zail ha lavorato come avvocato prima di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. In uno dei suoi libri ha raccontato la storia del padre sopravvissuto all'Olocausto. Vive a Melbourne.
Lui è un adulto racchiuso nel corpo di un quindicenne, a cui è stata tolta la speranza, la voglia di vivere e apparentemente qualsiasi emozione. È convinto che l'unico modo per andare avanti ad Auschwitz sia isolarsi da tutti, vivere per sè, cercare di irrobustirsi per vincere la fame e le intemperie e vivere al giorno. Questa sua mentalità continua anche quando viene scelto per far parte del Plotone Equestre d'elitè del campo, quando fa conoscenza di un suo coetaneo completamente diverso da lui che vede come una palla al piede. Alexander, però, è un po' tornato nel suo mondo ed il suo lavoro a contatto con i cavalli gli fa provare nuovamente delle emozioni, anche se lui se ne fa una colpa e cerca di reprimerle.
Inizialmente gli viene dato l'incarico di portare al passo alcuni figli dei generali nazisti con un piccolo pony, Castagna, ma successivamente il comandante, accortosi della grande conoscenza da parte di Alexander dei cavalli, gli incarica il suo nuovo stallone nero notte da domare.
Per lui è la prima volta che doma un cavallo, ed il lavoro si complica quando scopre che non potrà montarlo e che avrà a disposizione solamente 15 giorni; inoltre il possente purosangue non dà cenni di voler collaborare. Con molta pazienza e innata bravura però Alexander riesce ad instaurare un rapporto di fiducia col cavallo, a cui da anche un nome: Mezzanotte.
Alexander riesce quindi in quindici giorni a domare un cavallo apparentemente indomabile con quei suoi possenti zoccoli e con la sua immensa muscolatura che impietosiva gli altri stallieri ebrei del plotone.
Il ragazzo riesce inoltre a riscoprire i suoi sentimenti riflessi negli occhi neri dello stallone, e grazie a lui torna a sognare casa sua, la sua famiglia, la sua cavalla, la tenuta di cavalli che sognava da bambino ed anche un futuro in groppa a quel magnifico cavallo nero.
Quando ormai la guerra giunge al termine e tutti i sopravvissuti ad Auschwitz si incamminano in una lunga marcia soprannominata "della morte", Alexander escogita un piano e riesce a nascondersi ed a scappare dal suo destino, sapendo che durante quella marcia sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto Mezzanotte.
Tornato a casa trova ad aspettarlo sua mamma e la sua amata cavalla. In quel momento di gioia profonda ringrazia quel cocciuto stallone nero notte con quelle sue calzette bianche e quella sua mezzaluna bianca sulla fronte per avergli dato qualcosa per cui lottare e per avergli fatto riscoprire il valore di un amico, qualcuno di cui fidarsi, in pratica per avergli insegnato che la speranza la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo ci si ricorda di accendere la luce.
Questo romanzo è ispirato alla vera storia di Fred Steiner, un ebreo ungherese che oggi racconta ogni giorno la sua storia al museo dell'Olocausto per far in modo che una cosa del genere non accada più e per tenere a bada gli incubi che ancora adesso perseguitano le sue notti. Fred qualche anno fa tornò ad Auschwitz con la classe di suo figlio e scrisse vicino al suo nome "Sono arrivato qui da schiavo, ora ci torno da uomo libero. Ho vinto io!"
Suzy Zail ha lavorato come avvocato prima di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. In uno dei suoi libri ha raccontato la storia del padre sopravvissuto all'Olocausto. Vive a Melbourne.
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