Inferno di Dan Brown - di Veronica Faletto

Come in ogni libro dello scrittore americano anche questo romanzo narra delle frastagliate e coinvolgenti avventure del noto professore di simbologia di Harvard Robert Langdon, ma questa volta con come sfondo due delle più belle città italiane e con simboli ed ideologie di uno dei poeti italiani più conosciuti. Ho scelto questo libro come esempio da portare in terza di una, se pur soggettiva e similvera (essendo questo un romanzo e non una biografia o un saggio), infarinatura generale sul tema "Dante Alighieri". Avendo letto recentemente diversi libri di Dan Brown sono rimasta molto colpita dalla sua capacità di inserire tra le righe dello stesso libro una quantità considerevole di supposizioni e intrighi puramente soggettivi e privi di fondamento storico mischiati a cenni storici e culturali, dai quali sono profondamente attratta e che suscitano da sempre in me un grosso interesse, che mi hanno portata a scegliere il suo romanzo che già dal titolo rimanda subito ad una delle tre cantiche della Divina Commedia (Inferno, Purgatorio, Paradiso) per apprendere una base sulla visionarietá con cui il poeta fiorentino tradusse in forme solenni ed oscure le temperie della sua epoca tormentata.

Non vorrei soffermarmi troppo sulla trama del romanzo, intrigata e piena di colpi di scena tipici di questo scrittore, bensì parlare piuttosto dell'ossessione per Dante e la Divina Commedia di quello che per quasi tutta la durata del romanzo è l'antagonista del nostro professore di Harvard, il quale si ritrova a vagare, prima per Firenze, poi a Venezia ed infine ad Istanbul, alla ricerca di indizi che partono tutti da una famosa opera di Botticelli manomessa che il professore americano si ritrova in tasca dopo un confuso risveglio in un ospedale italiano, dove viene avvertito dalla bella dottoressa Sienna Brooks di aver subito un'amnesia in seguito ad un trauma cranico che gli impedisce di capire come sia arrivato lì e perché delle persone lo stiano cercando per finire il lavoro che il colpo di proiettile che lo aveva colpito di striscio alla testa la sera prima non aveva concluso. Questa opera era la "Mappa dell'Inferno" di Botticelli: la visione di Dante dell'inferno realizzata a colori, data la sua fedeltà alla mappa descritta nell'opera letteraria dal poeta.

Come ci spiega Langdon in una delle sue riflessioni: "Esaltata come una delle più importanti opere della letteratura mondiale, l' Inferno è la prima delle tre cantiche della Divina Commedia di Dante Alighieri, un grandioso poema di 14.233 versi che descrive l'ardua discesa dell' autore nell' Inferno, il suo viaggio attraverso il Purgatorio e l'arrivo in Paradiso. Delle tre cantiche della commedia la prima è di gran lunga la più memorabile e la più letta. Scritto all'inizio del quattordicesimo secolo, l'inferno aveva letteralmente ridefinito la percezione medievale della dannazione. [...] Di colpo, l'opera di Dante aveva concretizzato l'idea astratta di inferno in una visione chiara e spaventosa, viscerale, palpabile ed indimenticabile. [...]

Nel quadro di Botticelli, l'orrenda visione dantesca dell'inferno era resa come un imbuto sotterraneo di sofferenze: un tormentato panorama di fiamme, zolfo, liquami e mostri, con Lucifero in attesa sul fondo. Il pozzo è suddiviso in nove livelli: i nove cerchi infernali ai quali i peccatori vengono assegnati a seconda della gravità del peccato commesso."

Ispirato dall'opera di Dante, Bertrand Zobrist lascia un indizio all'interno di questa mappa manomessa allo scopo di indirizzare chiunque lo codificasse alla ricerca di un agente biochimico che, disperso nell'aria, avrebbe "sfoltito", come fece la Peste Nera, la popolazione che sta ormai sovrappopolando il pianeta e che lo avrebbe portato alla distruzione.

Lo scienziato prevede una fine catastrofica per la Terra, con gli esseri umani costretti a vivere in una specie di inferno dantesco. Per questo in tutta segretezza, aiutato solo dal suo intelletto fuori dal comune, crea questo virus che poi nasconde in un luogo sicuro, ed infine si suicida.

I riferimenti a Dante in questo romanzo sono numerosissimi; ad esempio lo scienziato si serve della sua maschera funeraria per lasciare un messaggio in stile dantesco sull'ubicazione del virus, riferendosi ,come negli ultimi versetti dell'inferno, ad un ruscelletto e concludendo il messaggio con la parola "stelle", stessa parola con la quale Dante concluse le sue tre cantiche. Anche il video messaggio lasciato dallo stesso Zobrist contiene molti riferimenti all'inferno dantesco, come anche i suoi ultimi pensieri prima di buttarsi dal campanile della Badia sono ispirati dal poeta medievale, con la richiesta a Virgilio (come anche Dante nella Divina Commedia) di essere guidato.

Dopo la lettura di questo libro non posso fare a meno di chiedermi cosa avrebbe pensato Dante se avesse saputo quali effetti avrebbe avuto il suo grande poema allegorico sul mondo, persino a distanza di secoli. Ha trovato la vita eterna, finché verrà pronunciato il suo nome, non morirà. Credo questo se rammento i concetti di "fama" degli antichi filosofi greci che abbiamo incontrato durante questi due anni nei poemi omerici e in quello virgiliano. Nonostante questo romanzo sia incentrato più sulla cantica dell'Inferno, l'argomento centrale del capolavoro di Dante non riguarda tanto i tormenti dell'inverno quanto la forza dello spirito umano nell'affrontare qualsiasi sfida, anche la più terribile e difficile:

"I luoghi più caldi dell'inferno sono riservati a coloro che in tempi di grande crisi morale si mantengono neutrali."

Veronica Faletto

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